Neurofeedback nello sport

Neurofeedback, Biofeedback, QEEG e golf 

Il Dr. Santiago Brand è psicologo che utilizza il Neurofeedback e il Biofeedback negli ultimi 10 anni e ha lavorato nello sport e nella psicologia clinica negli ultimi 15 anni. È consulente del Comitato olimpico colombiano e del Comitato olimpico guatemalteco. È anche professore universitario nelle aree di Neurofeedback, Biofeedback e Neuroscienze ed è formato in Neurofeedback, Biofeedback e qEEG, è certificato BCIA sia in Biofeedback che in Neurofeedback. Ha un forte interesse per gli interventi traumatologici e dal 2016 si è formato in Brainspotting che utilizza per curare le vittime di traumi del conflitto armato in Colombia. Ha svolto ricerche nel campo del trauma, della psicofisiologia e dell'EEG. E' autore di un capitolo sul trauma e sull'EEG nel libro del 2018 "The Power of Brainspotting: An international Anthology". È anche un consulente e formatore di Neurofeedback, tiene seminari in diversi paesi del mondo sia in inglese che in spagnolo.

Intervista a Santiago Brand

 

 

Oggi ho l'onore di avere qui con me Santiago Brand che ora si presenterà.

 

Ciao, sono Santiago, sono uno psicologo clinico e dello sport. Ho 14 anni di esperienza di lavoro con Biofeedback e Neurofeedback e circa 10 anni di esperienza con elettroencefalografia quantitativa (QEEG).

 

Lavori a Singapore, giusto?

 

A Singapore, sì!

 

Ciò che sto vorrei domandarti è: in che modo il Neurofeedback e il Biofeedback possono aiutare a migliorare le prestazioni cognitive e sportive? Puoi raccontarci la tua esperienza in merito?

 

Sì, naturalmente! Mi piace molto il Neurofeedback, il Biofeedback e la mappatura del cervello, prima di tutto per via della loro capacità tecnologica. Ovvero, l'attrezzatura che oggi usiamo è in grado di effettuare misurazioni molto specifiche. Possiamo misurare l'elettroencefalogramma ovvero l'attività elettrica del cervello in una persona, in vivo, momento per momento. L'attività cerebrale delle onde elettriche fornisce informazioni molto importanti e molto solide sulla funzione cerebrale della persona. Siamo in grado di estrarre informazioni sugli stati cognitivi, mentali ed emotivi. Cogliamo gli aspetti psicofisiologici e creano una stretta relazione tra mente e corpo.

Con tali informazioni possiamo pianificare un intervento basato sull'evidenza scientifica, personalizzando il trattamento. Vale a dire, che non utilizziamo il modello di qualche anno fa, in cui abbiamo la stessa misurazione per un gruppo di persone o lo stesso protocollo per un gruppo di persone. Oggi siamo in grado di differenziare una persona dall'altra e allo stesso tempo progettare un intervento specifico a seconda delle necessità di quella persona specifica. 

La tecnologia consente, non solo al professionista, ma anche l'utente, di visualizzare i propri processi mentali e fisici su uno schermo, in modo da apportare modifiche importanti ai fine del benessere, per il miglioramento delle prestazioni e della salute mentale e fisica.

Grazie a questa tecnologia abbiamo accesso alle capacità degli esseri umani. Le abilità cognitive come l’attenzione, la concentrazione e le funzioni esecutive, l'abilità di regolare le emozioni, la capacità di regolare i pensieri, la capacità di dormire meglio, la capacità di apprendere in modo più efficiente.

Quindi, il comportamento lo possiamo valutare, addestrare e misurare nelle diverse situazioni. Questo è ciò che mi piace molto del nostro ambito: possiamo fare tutto questo, in una varietà di modi, non siamo più confinati ad una psicoterapia tradizionale faccia a faccia, parlando dei problemi del paziente. Possiamo, invece, connettere il suo cervello e visualizzare sullo schermo il suo funzionamento. Possiamo consentirgli una serie di cambiamenti, attraverso alcune delle abilità che gli insegniamo, le quali modificano notevolmente tutto…

 

Grazie. Possiamo fare un esempio relativamente lo sport o le prestazioni cognitive?

 

Sì, ho esperienza in psicologia dello sport. È stata la mia prima esperienza formativa post-laurea e di lavoro come psicologo a partire dal 2003, ho maturato 20 anni di esperienza in questo ambito e 14 anni con l’uso del Neurofeedback. Ho avuto la possibilità lavorare molto con i giocatori di golf. Il golf è uno sport che mi piace molto perché è abbastanza mentale, coinvolge molti processi cognitivi.

Quello che dobbiamo fare è essere in grado di ottimizzare la gestione del campo, cioè, il giocatore può ottimizzare le proprie capacità percettive, come il Green quando sta per fare il putt. Valutare le distanze bene, perché precisione con cui viene valutata la distanza incide su quale mazza scegliere.  Può accadere che è necessaria la mazza 9, ma per una imprecisa valutazione il giocatore scegli il ferro 7 e può avere più o meno yardas. Quindi una ridotta capacità di percezione visiva influisce sulla scelta la yarda e sulla valutazione delle distanze. Questa è una problematica spesso riportata dai golfisti. 

Un altro problema ricorrente dei golfisti è il sonno. È molto importante, perché nel golf a seconda della posizione in cui sei potresti avere un tee time (turno di gioco) alle 7 del mattino, oppure se sei tra i primi nella tabella potresti iniziare a giocare per ultimo. Inoltre, i golfisti viaggiano molto,  quindi devono attraversare molti fusi orari e ovviamente i loro cicli di sonno si alterano. Attraverso il Neurofeedback possiamo regolare

questi cicli di sonno in modo più efficiente. Quindi, il giocatore di golf impara a connettersi per primo

è il momento di leggere il tuo corpo è più efficiente essere in grado di connettersi con quelle abilità e usarle quando ne hai bisogno. 

Lo stesso paradosso può essere applicato ad altri sport ed essenzialmente per qualsiasi sport. Ma mi piace molto il golf perché apre la porta a queste possibilità di lavoro...

 

Beh, davvero molto interessante! Ti ringrazio molto per questa intervista…

E spero di vederti presto!

 

Anch’io, grazie!